Laura Locatelli. Caso di positività del test antidoping effettuato in occasione del Campionato Europeo Masterdi Pilsen il 17.7.2012
In data 17 agosto 2012 la FIPL riceveva un avviso di “adverse analytical finding” (“non negatività”) del test in oggetto. Il referto circa la molecola rintracciata nel campione di urina analizzato presso il Laboratorio WADA di Colonia, riportava “Chlortalidone”. Del che non veniva data comunicazione poiché è consuetudine garantire la privacy dell’interessato/a fino a sentenza passata in giudicato. Nelle more temporali consentite dall’avviso di cui sopra, la FIPL provvedeva ad inoltrare tempestivamente presso l’ Anti-Doping Hearing Panel (ADHP) dell’IPF una memoria difensiva particolarmente dettagliata poiché trattasi del terzo caso di positività ad un diuretico. L’accusa. L’articolo 2.1.1 dell’IPF Antidoping Rules non lascia dubbi in merito: l’Atleta è sempre e direttamente responsabile di ogni sostanza introdotta nel proprio organismo. La sola presenza di “sostanza proibita” di cui all’elenco del WADA CODE dà luogo a positività assoluta. Quindi nessuna obiezione può essere portata a discarico nel caso di “non negatività” (adverse anlytical finding). La difesa. La FIPL trasmetteva all’ADHP la memoria difensiva in discorso, nella quale si accettava incondizionatamente il risultato del test, rinunciando al B test. In seguito nella memoria difensiva proposta dalla FIPL,
1) si sottolineava che all’Atleta, nel precedente caso di positività del 2004 veniva
raccomandato di utilizzare altre sostanze ammesse o di sospendere l’attività sportiva. All’epoca la sostanza ritrovata e dichiarata al momento del test, dichiarazione ritenuta all’epoca ininfluente, era idroclorotiazide (sostanza proibita): una delle due molecole del medicinale Moduretic.
2) Si sottolineava ancora, e se ne dava ampia prova documentale, che l’Ospedale di
Melegnano certificava e prescriveva l’uso del Moduretic attesa l’elevata condizione pressoria “aspecifica” dell’apparato circolatorio dell’Atleta;
3) Si dava conto all’ ADHP che dal 2006 anno della riammissione alle competizioni,
l’Atleta ha fatto uso esclusivamente di prodotti erboristici i quali, unitamente a notevoli e continui sacrifici dietetici, consentivano di tenere la condizione pressoria nell’ambito di “border line”;
4) Si sottolineava inoltre che l’Atleta era stata sottoposta a partire dal 2006, a 7 test
antidoping di cui uno in campo nazionale e 6 in campo internazionale. Tutti i test erano risultati negativi;
5) Si faceva inoltre osservare che la molecola rintracciata ora, il Chlortalidone, avrebbe rappresentato uno svantaggio per l’Atleta in quanto questa molecola provoca un’importante deplezione del potassio, elemento fondamentale della contrazione muscolare. Quindi l’Atleta non aveva, eventualmente, assunto la sostanza per incrementare le proprie capacità atletiche;
6) Si sottolineava ancora con forza che l’Atleta era perfettamente in peso (60,670kg) e
che non aveva necessità assoluta di scendere di categoria, poiché era intenzione dell’Atleta di stabilire il record mondiale di stacco unificato M1 e M2, cat. 63kg;
7) Si faceva rilevare che il diuretico non aveva assolto alla funzione di “agente mascherante” le sostanze anabolizzanti, poiché le stesse non erano state ritrovate nel campione di urina;
8) Si poteva quindi ritenere al di là di ogni ragionevole dubbio che l’Atleta era
entrata in contatto con il Chlortalidone inconsapevolmente e probabilmente attraverso i prodotti erboristici dei quali, specie nei mesi di maggio, giugno e luglio, aveva fatto largo uso;
9) La FIPL chiedeva inoltre all’ADHP di valutare opportunamente il peso del “doping
da stimolanti o anabolizzanti” rispetto al peso dell’infrazione da “diuretico”.
La sentenza L’ADHP trasmetteva il 5 settembre la sentenza direttamente dalla sede WADA di Montreal, Ontario. Il Panel dava conto di tutta la documentazione allegata alla memoria difensiva ed in particolare veniva valutata positivamente l’accettazione incondizionata del risultato del test. Si dava inoltre atto all’Atleta di aver cercato altre vie terapeutiche volte alla soluzione del problema pressorio ed in particolare si dava una valutazione positiva al numero dei test effettuati. L’ADHP tuttavia, non poteva non applicare il combinato disposto dell’art. 2.1.1 e dell’art.10.7.3 alla luce di quanto previsto dall’art. 10.4 dell’IPF Antidoping Rules.
dell’art. 2.1.1 si è già detto più sopra;
l’art. 10.7.3 prevede, per la terza infrazione, una squalifica da 8 anni alla squalifica
a vita, da graduare in base alla gravità o ripetitività dell’infrazione, da valutare in base all’art. 10.4.
Laura Locatelli, veniva sottoposta ad un periodo di squalifica di 10 anni nelle sue qualità di Atleta, Arbitro e/o Coach.
La Segreteria IPF trasmetteva, come d’uso, all’ADHP tutti i documenti relativi a Laura Locatelli (precedenti infrazioni) ed alla FIPL (in pratica i report annuali sulle gare e sull’organizzazione del powerlifting in Italia, trasmessi da questa Presidenza alla Segreteria IPF). L’ADHP, nell’esaminare tale documentazione, rilevava l’importante ruolo svolto da Laura Locatelli in seno alla FIPL e garantiva con apposita sentenza agli atti di questa Federazione la possibilità a Laura Locatelli “of continuing to work for and within FIPL”. Pur nel quadro di infrazione al Regolamento Antidoping dell’IPF, il quale deriva direttamente dal WADA CODE, questa clausola eccezionale se non unica nel panorama dell’IPF, riconosce un implicito valore a tutta la tesi difensiva presentata dalla Federazione all’ ADHP. Inoltre il riferito ADHP, tenendo conto delle osservazioni proposte dalla FIPL, rilevava che l’Atleta non aveva assunto, seppur involontariamente, il diuretico per incrementare le proprie capacità atletiche. Era quindi implicitamente accolta la tesi proposta dalla FIPL per la quale esiste “de facto” un valore assolutamente differente fra la positività da stimolanti ed anabolizzanti (che incrementano fraudolentemente le capacità atletiche) e la positività per uso inappropriato o involontario di diuretico. Il Presidente Sandro ROSSI
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