(de carolis_maest\340.qxp)

“Perché fai la puttana.? Perché fai la puttana.? Perché fai la puttana.?” litaniava in ginocchio cal- cando sull’avverbio, sul volto i primi indizi di un Le palme delle mani poste sul culo che cadenza- tamente tamponava, chiusi gli occhi, illuso di esse- re in piena fusione con il prono fenomeno sotto- stante, che nei gesti lo assecondava, a un certo punto aveva però creduto d’intuire nella ragazza il persistere di uno stato diverso rispetto al suo; che poi era quanto, distoltosi dal deliquio, non s’erano fatte scrupolo di confermargli le pupille, rilevando in risposta alle sue tormentose querele una smacca- ta smorfia di lei: per quanto la riguardava, era certa di aver attuato una congrua porzione delle sue po- tenzialità, e proprio per il tramite delle giornaliere, ben remunerate transazioni che realizzava con la parte del genere maschile esausta di rituali amorosi Così, ricondotto a terra dalle sfere alte e lambi- te appena, s’era augurato che persistesse in quel suo ghigno, la troia, a meglio riattizzarlo, così im- para a spregiare l’altrui tormento e l’implicita prof- ferta. Voleva essere chiavata? Solo chiavata? Pre- sto fatto, giacché il Cialis, se solo ci pensava, spa- rava sangue a secchi e il cazzo era impettito come “Mi fai male.” era sembrata allora lamentarsi, ogni parola risultando spenta dalla pletora dei cu- scini, che premeva con la bocca, mentre da dietro s’iniziava a porre sotto minaccia l’incolumità della sua vertebra cervicale: spinta con violenza crescen- “Male eh?.” Ma cazzo, si decidesse. Se si la- sciava fregare dal sentimento, lei lo sbertucciava; se scatenava la bestia, non opponeva corrispettivo. E dire che le regole d’ingaggio cantavano chiaro, un vasto complesso d’esigenze, anche bislacche, essen- Ma vederla piegarsi in quel modo al suo basto- ne, disarticolarsi come un pupazzo, pure era imma- gine che gli blandiva il cuore e lo esortava al recu- pero di una più umana misura; sempre che lo aves- se permesso l’arrapamento, a scanso di sorprese e preventivamente ingenerato dalla sostanza alche- mica, che funzionava, perdìo se funzionava.
“Mi dispiace tanto. ma di fermarsi non se ne parla.” Perché, tra l’altro, come porre fine al più presto alla diversa agonia di entrambi, se non infit- tendo l’azione per promuovere il più rapido avven- to del marasma e in conseguenza il decontrarsi del- l’arnese, che ormai sentiva di un gonfiore canino? Bando ai baci, dunque, nonché ai sorrisi, en el tiempo de l’amor triste y final, y tambien estingui- do: modesta eiaculazione sulla pancia di lei, la cui poca cupola ora assecondava lo scivolare di un se- me poco viscoso nel cratere dell’ombelico.
“Non sembrerebbe la pancia di una puttana.” Lei lo guardava dubitosa, tenendosi ben al di qua delle palpebre, semiscese, cifra di un’assai parziale disposizione al mondo. Ma c’era da capirla. Il genio dal quale era stata plasmata con tanta esattezza do- veva averle fatto il bel servizio d’attirarle addosso un fottìo di bestioni allupati quando ancora le sue pari stavano lì a sognare il bacetto del principe.
“Perché, come sarebbe una pancia da puttana?” Abdicando alla parola, lui aveva ritenuto di po- ter chiarire il suo punto di vista non solo imponen- dole la mano sulla parte in questione, ma pure fri- zionandovi sopra in maniera da farne rilevare l’in- Perplessa, la guagliona lasciava fare. Ma nel mo- mento in cui, protese le labbra, il gentile cliente ini- ziava a coprire quel mezzo metro per posargliele da qualche parte sul viso, quella, con secco ritrarsi del busto e allarme d’occhio, si chiede, e gli chiede, se per caso non se ne stia uscendo di testa.
“Ma perché?.” Perché poi un bacio sarebbe Quattro mosse ben fatte ed era già vestita. “Se non ricordo male, ho già detto troppe cose Già oltre la porta d’ingresso della camera, dal let- to lui ne aveva visto la scia della palandrana allun- Dopo il commiato, il solito dubbio: l’aveva o no pagata?. Solita risposta: sì. La zoccola, di bordo basso o alto, non si presta al disbrigo della pratica se non dopo aver debitamente gabellato l’avvento- re. In buona sostanza, ogni possibile sua prestazio- ne non essendo che in stretto rapporto di causa-ef- fetto con il preventivo dispiegarsi di un numero va- riabile di banconote sopra un palmo di mano sem- pre ben aperto e disteso, al cui chiudersi e ritrarsi fa seguito il breve segnale che avverte come adesso, sì, sia piena e totale a misura dell’obolo la disponi- bilità. Procedimento che pure instaurerebbe un chia- rissimo patto, fermo restando che di essa il fruitore non pretenderà l’anima o quantomeno non si pro- E questo era pacifico: le parti del contratto egli le conosceva sino all’ultima postilla, e le approva- Ah che meraviglia! Che svolta, chiamato che fosse il numero privatissimo (sic!), avere certezza che di lì a poco gli sarebbe apparsa una creatura di assoluta discrezione, pienamente disposta a lasciar- si amare nel modo che lui avesse preferito, ma so- prattutto in quelle parti, giacché lo ‘ammore’, che nobili convenzioni destinerebbero alla persona in- tera, indissolubile sinolo di materia e forma, so- stanza e sentimento, da tempo gli pareva esercizio defatigante e scarsamente economico, il suo inte- resse avendo il più delle volte constatato come di- retto a singoli, più di altri attraenti particolari, ma- gari tra loro opportunamente combinati: un didietro scevro di depositi adiposi – chiaro indizio dell’ec- cellente funzionalità del sistema endocrino –, la cui sottostante, leggera eppur sensibile distanza tra i vasti laterali delle cosce fosse promessa di più stret- ti combaciamenti tra gli attori dell’amplesso, donde il senso di un’assai profonda e lusinghiera penetra- zione; due poppe che davvero per forma fossero de- gne della generosa rotondità che è già del nome; e due piedi, pure, non troppo lunghi né troppo corti: due piedi che, nudi, istigassero il capriccio di ve- derli rivestiti, in tutto o in parte, ben calzati, invece, la fantasia d’indovinarne il gioco, plantare e digita- le, foriera sempre di un moderato ma del tutto av- vertibile accentuarsi di sistoli e diastoli, con gli immancabili riflessi sull’inquilino del piano basso, che a quel punto prende a tirare come Fido alla ca- E tutto questo per attenersi alla semiologia più Quanto al suo scrupolo di poter esserle rimasto debitore, s’era involata, e non esisteva prova più certa dell’avvenuta liquidazione. Erano stati i soliti trecento, deposti stavolta, ora gli sovveniva, sulla consolle all’ingresso, come più elegante modalità di saldo, mercé l’intimità acquisita in quattro in- Intimità. Ma che poi era plausibile l’uso di una simile parola? Poteva considerarsi intima una donna che, convocata pure a usi venerei, ogni santa volta, or ora sopraggiunta in casa, aveva dichiarato pre- mura di correre ai servizi per espletare i riti lustrali? Opportuna profilassi, è vero, e a essenziale vantag- gio del concubino. Ma che dire della pretesa, da lei dichiarata senza mezzi termini, già al primo incon- tro, che all’abluzione si volgesse anche chi la ingag- giava? Perché passi la prima, e passi pure la secon- da. ma la terza e la quarta? Poteva volerci tanto a capire che indiscutibile gentiluomo egli fosse? Non spirava per caso da ogni angolo della casa brezza di pulizia? Non avvertiva provenire dalla di lui ben ri- vestita carcassa sentore della salute più inattaccabi- le? Ma certo, la liturgia del bidet non doveva solo obbedire a scopi cautelativi, poiché sembrava pos- sedere quel tratto d’irrinunciabile stolidità che solo strategie antiche e di provata efficacia possono im- punemente e senza termine di durata annettersi. Co- me dire, insomma: vediamo di non dimenticare che io faccio la puttana, tu il cliente; la pratica dello sciac- quettarsi è soprattutto a memento di questo. Anche quella sua ritrosia, non timida ma scetti- ca, anzi diffidente, a voler gradire l’altro rito propi- ziatorio – lui ministro – cioè quello del bicchiere, annesse le cibarie esotiche, rito che tempra intanto che discioglie, dov’è che andava piazzata, se non in quella stessa spunta di ribadire le rispettive condi- Ma vedi un po’ quanta ostinazione. Era forse impaurita?. E di chi? Questa non era certo della razza dei magnaccia. Sì, mangiarci c’era senza dubbio chi ci mangiava sull’uso disinvolto che fa- ceva della propria persona. ma un momento, per carità. su questo, con lei, bisognava essere esatti al millimetro. Perché l’unica occasione in cui a- veva divagato, e con puntiglio insolito, era proprio coincisa con quella in fondo ingenua precisazione: l’avventore si togliesse dalla testa che i denari po- tessero bastare alla conquista dell’intera sua uma- nità; la persona non era in vendita, semmai il cor- po. Su questo lei aveva riflettuto a lungo, appellan- dosi a ogni risorsa della dialettica in suo possesso, del resto in via d’affinamento presso le aule della “Non è la prima volta che sento una cosa del ge- nere.” Doveva essere proprio della donna, giacché in passato anche da labbra profane, cioè non di pro- fessioniste, gli erano rimbalzate voci analoghe. “Non credo che a un uomo verrebbe mai in mente una “No.” Se non altro perché in certi frangenti il maschio non poteva fingere. “Naturalmente capi- sco che tu cerchi di far contento il cliente.” “Non parliamo della stessa cosa. E comunque sei fuori strada.” Perché non è che lei fosse dedita a un impiego intensivo della funzione di simulazione, ma di quella opposta, semmai: il fornicare non di- spiacendole affatto e anzi per questo abbisognando- le una tattica capace di scoraggiare la vanità di ta- luni ganzi o altre loro non meno inopportune illu- “Ah sì?.” Ma tu guarda che puttana! Che affasci- nante puttana! Non era solo una Venere rivestita dei meglio pepli – del resto, doveva alzarli i cumquibus.
No. Era una tutt’altro che frigida intellettuale, che s’imponeva di esercitare il mestiere su basi razionali, e per di più per nobili scopi d’autofinanziamento.
Una virtuosa, in fondo. Proprio il genere d’avversario capace di sobillare un agonista, cioè quanto egli in- dubbiamente sempre era stato, era e sarà.
“Insomma, saresti una specie di cortigiana.” le aveva infine detto, allungandole un bicchiere di vi- no fresco. Muta. Di un mutismo tanto ignorante quanto ostinato. Ah, questi studenti moderni, mer- ce del sistema scolastico della piena democrazia.
Non giungevano al dunque con il necessario ba- gaglio. “Le cortigiane. ne avrai sentito parla- re. beh, lasciamo perdere.” Piuttosto, per quale motivo aveva voluto svelargli di essere una dissi- mulatrice? In che modo doveva prendere la confi- Replica, a pensarci bene, del tutto insoddisfa- cente, e raggelante anche, se sembra nei toni sorvo- lare i vostri aneliti, distante come una cometa in Non l’aveva più chiamata per un mese, cioè sino alla data odierna; intervallo non breve, è vero. Se- nonché, a motivo del ritardo, ci sarebbe da conside- rare non solo il timore che il suo amor proprio aves- se ancora a soffrire – perché non è all’inetto che si teme di svelare un segreto – ma anche l’ormai scar- so dinamismo della sua libido, il cui occasionale e, se non obbligato, prudente sostegno per via di far- maco imponeva complicazioni un po’ mortificanti.
Solitudine, dubbio, vanagloria e rediviva eccita- zione: stati dell’essere ed entità morali in mutui, non sempre olimpici rapporti, lo avevano infine in- dotto a convocarla di nuovo. Primigenie acquisizio- ni, sagge ammissioni degli ormai immanenti limiti e conseguenti, dignitose rinunce, avevano ceduto al sopraggiungere di nuove speranze forse non del tutto giustificate, ma pure legittime in un uomo del tutto persuaso che certo mondo, massime il suo – benestante non solo, ma diciamo pure nutrito di quella laica spavalderia che dei suoi adepti è luce e ornamento – sarebbe stata follia insolente o legge- rezza imperdonabile non voler condividere, per La cortigiana, come la nominava nei consessi a lui propri, “.gusto c’è a fottere se poi non ci caz- zeggi sopra.” era apparsa di nuovo, previo squillo, nel primo pomeriggio di quel feriale, poco solerte L’alta pressione ancora saldamente difendeva lo stivale, sebbene sul Mediterraneo occidentale pren- desse a battere la fiacca, incalzata da una circolazio- ne depressionaria che di lì a poco avrebbe mosso scatafasci di pioggia verso il continente, i cui centri apparivano tuttavia lontani. Sicché l’agiato signore si era goduto pienamente i vantaggi della perifericità geografica volgendo a casa sotto l’estuare di un sole forte assai. A perpendicolo dallo zenit, le radiazioni lo avevano investito in pieno mesocefalo, con ciò causando non l’esaurirsi, bensì al contrario un’accen- tuata ripresa del fervore somatico già poc’anzi speri- mentato a tavola durante le ripetute ingestioni di un fresco piscio di gatto scelto ad accompagnare l’uni- A definirne l’effervescenza e il conseguente spi- rito potrebbe bastare il modo gaio e signorile con cui, una volta a casa, aveva constatato l’inattesa e assai contrita presenza della domestica, pischello al

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A preliminary study on elimination of colonies of the mound building termite macrotermes gilvus (hagen) using a chlorfluazuron termite bait in the philippines

Insects 2011 , 2 , 486-490; doi:10.3390/insects2040486 OPEN ACCESS insects ISSN 2075-4450 A Preliminary Study on Elimination of Colonies of the Mound Building Termite Macrotermes gilvus (Hagen) Using a Chlorfluazuron Termite Bait in the Philippines Partho Dhang Independent Consultant 2410, Hen Belarmino Street, Bangkal, Makati City 1233, Philippines; E-Mail: pa

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